[Pausa Pranzo] Peda(la)te al Motovelodromo
Non sei un uomo se come un frate chiedi perdono.
Non sei un uomo e farai una brutta fine.
Non sei un uomo se come un frate chiedi perdono.
Non sei un uomo e farai una brutta fine.
In assenza del mio compare, giustamente in ferie, ho dedicato le ultime pause pranzo al cinema che piace a me. Mi sono accorta ancora una volta quanto le storie degli altri siano un potente mezzo di estraniazione, inoltre impiegare così il tempo pausapranzistico mi permette di godere di pellicole sgradite alla controparte (solo l’ultima, per onestà di cronaca).
Ecco cosa ho visto/rivisto: dovesse essere una trilogia ci starebbero di sicuro le parole rivoluzione, sangue, realtà messe come però non lo so.
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Terra e libertà Ken Loach 1995
Guerra civile spagnola, fine anni 30’.
Tanta speranza ma non c’è retorica nel ¡No pasarán! e nelle Idee di tanti uomini e donne.A proposito di donne…come si fa a non innamorarsi di Blanca?
“Li seppelliremo in questa terra, in questa terra che ora ci appartiene e da cui trarremmo la forza per continuare a combattere. La battaglia sarà lunga ed i nemici sono numerosi,ma noi siamo ancora più numerosi,saremo sempre più numerosi, il domani è nostro, compagni!”
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Riff Raff Ken Loach 1991
Operai in fase di sopravvivenza, Inghilterra di Mrs.Tatcher.
Un film che potrebbe essere stato girato mezz’ora fa, con dialoghi esilaranti che rendono il contesto dolceamaro mostruosamente reale. Grazie a Chris per la segnalazione: sempre preziose, le sue.
“La depressione è per chi ha i soldi non per chi deve svegliarsi presto la mattina.”
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Salvador 26 anni contro Manuel Huerga 2006
Salvador Puig Antich, membro del Movimento Iberico di Liberazione, Spagna anni 70.
Chi muore in croce, chi muore di garrota, e sono passati solo 34 anni, mica 2008.
Fra le tante citazioni che si possono trovare, scelgo l’emblema dell’illusione che taglia trasversalmente le epoche in un continuo sanguinamento:
“la storia è nostra ed è scritta dal popolo”.
Solo qualche riflessione intorno a qualcosa che non smette di farmi incazzare, e meno male.
La premessa è che non nutro avversione atavica o aprioristica verso le forze armate (chiamarle forze dell’ordine, però, proprio non me la sento): si tratta sempre e comunque di persone e come tali credo si doveroso fare i dovuti distinguo. Non credo che persone per bene, antifasciste e con il giusto sentore di cosa è logico fare si siano fatte coinvolgere nei pestaggi e nelle umiliazioni fisiche e morali che sono state messe in atto in quel di Genova, nello specifico nella caserma di Bolzaneto e dentro la scuola Diaz.
A fronte delle atrocità emerse e documentate, la sentenza per i pestaggi nella caserma di Bolzaneto evidenzia e legittima ancora una volta l’italica impunità, stavolta anche per i responsabili più visibili (e punibili): sancite 30 assoluzioni su 45, stanziati risarcimenti per 15 milioni di euro, e comminati 24 anni di carcere totali sui 76 richiesti. Inutile precisare che nessuno passerà neppure un’ora in galera.
Il fatto che in Italia il codice penale non preveda il reato di tortura non toglie che di torture fisiche e morali si sia trattato, e allora trovo assurdo che ai condannati siano stati contestati i reati di abuso di ufficio, abuso di autorità e lesioni gravi.[Ecco, io non ci capisco molto di giurisprudenza, però non mi pare proprio la stessa cosa, diciamo che lesioni gravi mi sembra quello che si avvicina di più.]
Comunque non so se mi arreca più malessere pensare che sarebbe stato meglio fosse esistito il reato di tortura oppure il fatto che si sia ripiegato sui reati più affini previsti per il caso.
La maggior parte di noi si lava la coscienza comprando qualche gadget tibetano e pensando che la violenza da condannare e per la quale impegnare il proprio intelletto sia quella più lontana o più imbevuta di retoriche simil-religiose. Accendi la candela e compra la bandiera.
Certo è meno rassicurante pensare che ad alcuni esponenti delle forze armate, di cui i nostri governanti hanno professato l’intenzione di riempire le strade per far tornare la sospirata legalità (per fortuna, stavolta, manca qualche fondo), possa scappare la mano fino a insultare, picchiare, uccidere in nome di un idea fascista che esiste ancora, eccome.
Già, fino a uccidere, come è successo con Federico e Riccardo, morti per le quali si sta ancora combattendo e che la verità e la giustizia non potranno mai spiegare. In Italia, 2008 paese democratico.
Leggendo il blog dei genitori di Aldrovandi, mi sono soffermata su una famosa riflessione della Arendt:
“La mia opinione è che il male non è mai ‘radicale’, ma soltanto estremo, e che non possegga né la profondità né una dimensione demoniaca. Esso può invadere e devastare tutto il mondo perché cresce in superficie come un fungo. Esso sfida come ho detto, il pensiero, perché il pensiero cerca di raggiungere la profondità, andare a radici, e nel momento in cui cerca il male, è frustrato perché non trova nulla. Questa è la sua “banalità”… solo il bene ha profondità e può essere integrale.”
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Torturare, minacciare, pestare e calpestare i diritti delle persone, specie se voi appartenete alle forze dell’ordine e loro sono manifestanti, in questo paese è un reato da niente. Al contrario spaccare una vetrina è una delle cose più gravi che possa capitarvi di fare. Le persone sono niente, la "roba" è tutto. Ecco la morale che esce fuori dai processi di Genova.
Nonostante l’impianto accusatorio dei PM che denunciavano le violenze e le torture accadute all’interno della Caserma di Bolzaneto durante le giornate del G8 del 2001, le pene per 15 su 45 inquisiti sono state lievi. Lievi erano state le richieste, ancora più lievi sono state le condanne.
Non potevamo aspettarci di più, non potevamo aspettarci di meglio, dai tribunali di un paese in cui non è previsto il reato di tortura; che c’è stata, sì, ma non accompagnata dall’abuso di ufficio su cui si era retto, da un punto di vista giuridico, l’impianto processuale. Quindi, a Bolzaneto, non è successo nulla o quasi.
Nessuna violenza gratuita e nessuna violazione della Convenzione internazionale per i diritti dell’uomo.
Contentino necessario ma non sufficiente per le 209 parti civili saranno i risarcimenti. Contentino altrettanto pietoso per avvalorare la triste tesi delle mele marce le poche e lievi pene inflitte ai 15 ritenuti colpevoli, tra cui spiccano il già condannato Perugini e Gugliotta, responsabile per la penitenziaria della caserma. I reati rimasti in piedi e comminati sono un generico abuso d’autorità e fatti specifici e individuali, il che spiega la ragione delle "moderate condanne".
Così cala il sipario, per ora, su questo processo che andrà in prescrizione nel 2009. La verità emersa dalle testimonianze delle vittime di Bolzaneto è stata solo parzialmente riconosciuta: difficile negare del tutto un’evidenza così luminosa a pochi mesi dalla sentenza per l’altro grande processo alle forze dell’ordine, quello per il raid alla diaz. Ma certo quello che racconta questa sentenza è che la tortura è un abuso d’autorità e allora perchè la Diaz non potrebbe essere letta come una tranquilla e dovuta perquisizione? C’è da essere pessimisti ma questo si era già capito.
Avevo sei anni e mezzo. Simone Di Maggio. Ed. Fazi 2008
L’ho letto in un sabato pomeriggio che credo mi resterà in mente per le emozioni che ha evocato la scrittura diretta di questo ragazzo. Me lo ha buttato mia madre fra le mani: tieni, leggi un po’ cosa scrive S.
Cazzo, cosa scrive. E come lo scrive: a testa alta con il suo nome.
In bocca al lupo, e grazie per avere squarciato il velo della vergogna: sei più coraggioso del più audace dei combattenti, soprattutto in un mondo che lava la sua anima sporca e borghese incolpando le vittime.
http://www.caramellabuona.org/index.php?option=com_content&task=view&id=153&Itemid=84
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a proposito di combattenti, un film di cui non mi dimenticherò facilmente
L’anno in cui i miei genitori andarono in vacanza
Brasile 1970: un bambino, la solitudine, il calcio, la dittatura.
Come incipit, un pensiero bellissimo per tutti i portieri:
"Mio padre dice che nel calcio tutti possono sbagliare, meno il portiere.Il portiere è diverso dagli altri giocatori, perché passa la vita laggiù, da solo, aspettando il peggio."
Ma venendo all’altra parte, quando uno privato cittadino, non per scelleratezza o altra intollerabile violenzia, ma con il favore delli altri sua cittadini diventa principe della sua patria, il quale si può chiamare principato civile (né a pervenirvi è necessario o tutta virtù o tutta fortuna, ma più presto una astuzia fortunata), dico che si ascende a questo principato o con il favore del populo o con il favore de’ grandi.
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