Ho respirato bene
La giornata inizia con la lettera aperta e la petizione che mi provocano mal di stomaco ferocissimi. Sono talmente impuniti da non rispattare neppure un sacrosanto silenzio; tuttavia dopo aver scritto bestemmie per qualche minuto ho deciso di cancellare e non pensare a loro.
Allora sono uscita mezz’ora prima con il mio compagno di tante cose granataenonsolo e siamo andati al Fila; in ufficio solo due parole: noi andiamo, tanto se ve lo spieghiamo mica capite.
Non riuscirò mai a rendere cosa si sente camminando al Fila: lì c’è tutto il Toro, quello che nessuna tv e nessuna plusvalenza ci potrà mai togliere.
Al Fila ci sono le maniche di Valentino e la sedia di Mondonico, ci sono tutte le volte che ho trattenuto le lacrime solo perchè in fondo è solo calcio, c’è il gol di Comotto al Centenario, c’è Pupi che la mette dentro, c’è la notte insonne per una CoppaItalia, c’è il centrocampo sempre verde, ci sono gli sputi dei vecchi e i gatti che non mollano, c’è Tomà che racconta perchè erano Invincibili e c’è Cravero mio primo vero capitano.
Al Fila c’è il sorriso che mi si stampa spontaneo se penso che qualcuno non potrà mai capirlo, cos’è il Fila,
e cosa si prova a metterci i piedi sopra.
Al Fila c’è il più bello degli abbracci.
E chissenefrega di loro.
«Io respiravo bene, pulito, soltanto quando ero al Fila»
Sembrava che a Torino dovessero stare solo loro.
Sembrava che fosse vietato anche solo esistere, lottare, sfidarli.
Sembrava che la gi*ve non dovesse avere rivali.
Non solo dovevano vincere sempre loro, ma noi non si poteva nemmeno combattere. Sembrava che fosse illecito dire: «Ci siamo anche noi del Toro, perché anche noi siamo forti».
Sembrava che a Torino dovessero respirare solo loro. Ci toglievano anche l’aria quelli della gi*ve, e io la loro aria non volevo respirarla.
Io respiravo bene, pulito, soltanto quando ero al Fila.
Ma gli arbitri, certi giornalisti, certi manager che giravano nel calcio, certi poteri più o meno oscuri in città. Ecco: con tutti i suoi tentacoli la gi*ve cercava di non farci respirare. E quelli del suo entourage non avevano nemmeno bisogno di essere comandati: sapevano da soli come muoversi per ingraziarsi la famiglia. reale.
Nella vita ci sono i servi che sono obbligati a fare i servi e quelli che scelgono di diventarlo: il potere questo lo sa.
Il 9 dicembre del ’73 abbiamo il derby con la gi*ve. Al 74′ Cuccureddu segna il gol della vittoria. Causio si avvicina alla nostra panchina e comincia a prendermi per i fondelli.
Mi alzo e gli faccio: «Gira al largo».
Ma lui continua e mi manda a quel paese.
Non ci vedo più. Scatto verso di lui, un guardalinee cerca di fermarmi, ma io riesco a raggiungerlo e gli mollo un pugno con tutta la forza e la rabbia che avevo in corpo.
Il giorno dopo presi il primo aereo per Olbia e scappai dai miei.
Rimasi chiuso in casa a pensare e a mordermi le unghie. La mano si era gonfiata incredibilmente, mi faceva un male cane. Mi sentivo in colpa, ero confuso, in trance. Mia madre approvò, mio padre mi criticò.
Al martedì tornai sul continente. L’autista del Toro venne a prendermi all’aeroporto per portarmi al Fila.
Temevo la reazione della gente, dei giornalisti. Pensavo: è finita, adesso mi distruggeranno per sempre. Arrivai all’allenamento che tremavo. E quando vidi una folla enorme di tifosi davanti al campo, mi spaventai. Scesi dalla macchina che ero un cencio. Ma appena la gente mi vide, cominciò a inneggiare, a battermi le mani, a sollevarmi di peso. Mille persone in tripudio per me e solo perché avevo steso uno gobbo.
Mi commossi.
Oggi 25 anni dopo, dico: rifarei tutto, gli ridarei quel pugno. Perché quando ci vuole, ci vuole.
Gustavo Giagnoni
Oggi è cmq una grande giornata, è stata posta la prima pietra simbolica per la ricostruzione del Fila…ecchisenefrega del derby! :)))
Un abbraccio…granata
con nessun altro.
grazie.
Mi hai fatto venire la pelle d’oca…… Grande……